Conoscere l’infertilità per curarla …
- 10, 01, 2021
LAVORO E PROFESSIONE
Conoscere l’infertilità per curarla: formare nuove figure nella Pma
di Maurizio Zuccotti *
Mi piace ancora pensare che si debba far ricerca per rispondere a una o più curiosità. Questo forse per colpa o per merito di una scritta scolpita sopra il portone d’ingresso del settecentesco Palazzo Botta, sede precedente del mio Dipartimento, che per anni ho letto tutte le mattine insieme a migliaia di altri studenti dell’Università di Pavia. La scritta, ovviamente in latino, è lì ancor oggi a suggerire: “Quid hic? Intueri naturam. Quo munere? Curiosum esse”, “Perché sei qui? Per capire la Natura. Che cosa ti ripaga? L’essere curioso”.
Mi piace anche pensare che sia stato proprio questo spirito di curiosità ad alimentare l’abate Lazzaro Spallanzani quando, alla fine del XVIII secolo, proprio a Pavia, eseguì le prime fecondazioni in provetta usando uova e spermatozoi di anfibio e riuscendo perfino nell’intento di far nascere cuccioli di cane con l’inseminazione artificiale. Cose allora mai viste e sicuramente motivo di tribolazione etica per Spallanzani, come testimoniato da un suo carteggio con colleghi scienziati dell’epoca. Condotti con strumenti rudimentali, quelli di Spallanzani erano esperimenti anticipatori di quella che oggi, due secoli dopo, chiamiamo riproduzione medicalmente assistita (Pma).
La transizione da una ricerca di base alle sue possibili applicazioni cliniche è avvenuta durante il secolo scorso, in un periodo straordinariamente ricco di scoperte che va dagli anni ’50 agli ’80. I due protagonisti più significativi sono stati Ryuzo Yanagimachi (Yana per i suoi allievi) all’Università delle Hawaii negli Stati Uniti e Robert Edwards all’Università di Cambridge nel Regno Unito. È attraverso il lavoro di questi due pionieri e dei loro collaboratori che la ricerca di base e quella clinica si sono confrontate fino a fondersi in un legame indissolubile. Yana questo l’aveva capito bene già negli anni ’60 quando pubblicò una serie di articoli che posero le basi per la fecondazione in vitro nei mammiferi e diede inizio alla rivoluzione che portò alla nascita di Louise Brown il 25 luglio 1978 a opera di Jean Purdy, Patrick Steptoe e Robert Edwards e alla assegnazione a quest’ultimo del premio Nobel 2010 per la Medicina. (continua)